Esecutività ed efficacia preclusiva dello stato passivo

Pubblicato il Categorie Notizie

L’esecutività del decreto che accerta lo stato passivo e la sua efficacia preclusiva rispetto all’azione revocatoria proposta dal Curatore fallimentare. La sentenza n. 16508 delle Sezioni Unite di Cassazione.

L’esperienza dello Studio Legale ha posto all’attenzione dell’Avvocato Panebarco e dei suoi Collaboratori molte delle tematiche che dividono da tempo la giurisprudenza in quello che è il settore del diritto societario e della gestione della crisi di impresa. Tra esse sicuramente rientra quella relativa la portata da riconoscere al decreto che accerta lo stato passivo di ammissione al passivo di un credito derivante da compensazione, ed in particolare circa la sua efficacia preclusiva rispetto all’azione revocatoria proposta dal Curatore fallimentare che abbia ad oggetto il titolo dal quale deriva il credito opposto in compensazione. La complessità della questione, oramai dibattuta sin dalla fine degli anni ‘80, ha fatto si che sulla stessa la giurisprudenza di legittimità tornasse più volte, con pronunce la cui discordanza ha fatto insorgere un contrasto tale da rimettere la materia alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Con la sentenza n° 16508 del 2010, il Collegio è pertanto intervenuto al fine di sondare in quali casi sia realmente ammissibile l’azione revocatoria e in quali l’ammissione al passivo di un credito renda l’accertamento ad esso sotteso non più rimettibile in discussione da parte del Curatore fallimentare. In tale sede ne riproponiamo pertanto i passaggi più significativi nella speranza di una maggiore consapevolezza di quali possono essere gli esiti, talvolta inaspettati, della procedura concorsuale.

La pronuncia in commento trae origine da una vicenda di insinuazione al passivo di un credito residuato dalla compensazione dedotta dal creditore relativamente ad un maggior credito, a sua volta suscettibile di revocatoria. Il creditore, sulla base del carattere di definitività da riconoscere al decreto di accertamento dello stato passivo, aveva sostenuto l’improponibilità dell’azione di revocazione ex art. 67 l. fall.. Tale ricostruzione era stata confermata dall’adito Tribunale. Tuttavia, la Corte d’Appello ne aveva messo in discussione la bontà sulla base di una precedente sentenza della Suprema Corte, precisamente la n. 6237/1991. La questione sollevata, giunta sino in Cassazione, era stata poi rimessa alle Sezioni Unite, in ragione del riscontro di un contrasto tra due distinti orientamenti rispetto ad essa ipotizzabili: il primo, estensivo, e pertanto favorevole ad un’ampia configurazione della portata esecutiva da riconoscere al decreto di accertamento dello stato passivo, con conseguente preclusione rispetto all’azione revocatoria; il secondo, restrittivo dell’efficacia preclusiva del predetto decreto ed in ragione del quale la definitiva ammissione al passivo del fallimento del credito residuo, non precluderebbe la revocabilità dei pagamenti parziali precedentemente effettuati.

Preliminarmente, le Sezioni Unite si sono concentrate sulla portata da riconoscere al decreto di verifica dello stato passivo, riconnettendo all’accertamento del credito ad esso sotteso efficacia di giudicato endofallimentare. In realtà la sentenza in commento non apporta alcuna innovazione sul punto. Difatti, l’efficacia di giudicato ad oggi riconosciuta all’accertamento del credito in sede di ammissione al passivo non soltanto era ammessa già dalla giurisprudenza precedente, ma risulta codificata dall’art. 96, ult. comma, l.fall., il quale statuisce che il decreto che rende esecutivo lo stato passivo produce effetti soltanto ai fini della procedura concorsuale. Ciò varrebbe a dire, ritiene il Collegio, che esso è “idoneo a determinare effetti preclusivi esclusivamente nell’ambito della procedura fallimentare”, rispetto alla quale, seppur formalmente esterna, opera internamente la revocatoria. Le conseguenze di tale inquadramento sarebbero chiare: l’intervenuto decreto di approvazione, escluderebbe la possibilità all’interno della procedura fallimentare, di riproporre qualsiasi questione relativa l’esistenza o l’entità del credito e l’efficacia del titolo da cui lo stesso deriva. Tuttavia, la questione non è così semplice come parrebbe sembrare.

Difatti sussistono casi, non rari e non molto dissimili da quelli considerati dalla giurisprudenza sottesa all’orientamento estensivo, in cui la stessa Suprema Corte aveva ritenuto ammissibile la revocatoria dei pagamenti parziali precedentemente avvenuti, nonostante l’ammissione al passivo del residuo credito. Tuttavia, ed è in ciò che la sentenza n. 16508 fornisce il maggior apporto chiarificatore, tali pronunce non darebbero luogo ad un vero contrasto, in quanto si riferirebbero ad ipotesi da tenere comunque distinte, e rispetto alle quali alcuna eccezione di compensazione viene in rilievo. Riguardando le stesse l’opponibilità o meno di pagamenti antecedenti effettuati in misura parziale, la verifica operata dal giudice delegato si arresterebbe al credito residuo ammesso al passivo, più precisamente all’esame delle condizioni di ammissione della somma residua rimasta insoddisfatta, senza estendersi alla porzione del credito estinta. Tale accertamento determinerebbe pertanto “un effetto preclusivo esclusivamente per quanto concerne l’avvenuta quantificazione del credito ammesso, senza tuttavia che tale effetto possa essere esteso anche agli adempimenti precedentemente intervenuti”, i quali potranno legittimamente essere messi in discussione dalla revocatoria fallimentare.

Viceversa, nei casi considerati dall’orientamento estensivo, di ammissione al passivo del credito residuato da eccezione di compensazione, l’indagine svolta a seguito dell’azione revocatoria non potrà più mettere in discussione l’accertamento in precedenza svolto dal giudice delegato, e ciò in quanto lo stesso ha già investito tanto il titolo dal quale deriva il credito compensato, quanto la sua efficacia e validità.

In conclusione, sulla base dell’iter argomentativo qui succintamente ricostruito, le Sezioni Unite giungono a risolvere, tramite una radicale semplificazione, la questione descritta, fornendo un ausilio interpretativo a tutti gli operatori del diritto ed invitandoli a distinguere attentamente tra le situazioni in cui il decreto che chiude il giudizio di accertamento dello stato passivo dia luogo alle preclusioni descritte, e quelle in cui tale preclusione sia ragionevolmente non ipotizzabile.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *